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SWEET SIXTEEN
(SWEET SIXTEEN)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 11 marzo 2003
 
di Ken Loach, con Martin Compston, William Ruane, Annmarie Fulton, Michelle Coulter, Gary McCormack, Tommy McKee (Gran Bretagna, 2002)
 
Liam a quindici anni. E di notte, con il telescopio, scruta le stelle, spiegandole ai suoi piccoli amici. Quindici secondi, quindici centesimi. Perché non è che Liam possa permettersi di concedere gratis la propria buona indole in quel solito buco di miserie nel quale si ritrova. Al contrario, vivacchia di espedienti tra il goliardico (rubare i caschi ai poliziotti) e l'azzardato (il traffico di sigarette). Per approdare all'apprendistato dello spaccio; ed alla prese con una mala di ben altra stazza. Il tutto per assicurare alla madre, che vive con un dealer abbruttito, una casa decente quando uscirà di prigione.

Ken Loach è ritornato in Scozia (dove circa 100'000 bambini o adolescenti subiscono violenze all'interno del nucleo familiare) per girare questo melodramma nei confronti dei quali qualcuno, compreso il sottoscritto, aveva storto un po' il naso alla sua uscita a Cannes. Ma come? Il grande manipolatore dei massimi sistemi socio-politici in cinema adattarsi a storielle del genere? Proprio lui, che aveva sempre riscattato (a colpi di immediata immedesimazione nelle situazioni; di naturalezza sublime da parte dei suoi improvvisati attori) l'umiltà dell'aneddoto conferendogli un valore universale? Sottolineando il condizionamento dei piccoli fatti degli uomini all'ineluttabilità del sistema sociale: l'individuo sottomesso, ai piedi di un muro che, malgrado i suoi sforzi, non riuscirà mai a superare?

Ci eravamo tutti sbagliati. La forza di un film come SWEET SIXTEEN sta proprio nella sua energia melodrammatica; nel fatto di raccontare il privato più umile senza sentire l'obbligo di alcuna dimostrazione. Di quella preoccupazione di dover vendere una tesi, che rende (leggermente) meno interessanti nei confronti dei capolavori (LADYBIRD, RAINING STONES, MY NAME IS JOE) i film minori di Loach, come LAND AND FREEDOM, BREAD AND ROSES o CARLA'S SONG .

Sul filo della meravigliosa intuizione del protagonista, Martin Compston, di quella sua palpabile mutazione dalle disinvolte incertezze dell'adolescenza alle determinazioni testarde di una un'età che s'invecchia di attimo in attimo davanti ai nostri occhi, il film è una sensibilissima indagine dell'intimo. Un viaggio nella privazione degli affetti. Ma, pure, nella vanità delle illusioni, nell'impossibilità di piegarle alla propria volontà, di inserirle in un contesto sociale e politico dignitoso. SWEET SIXTEEN è una gangster-story sul solito modello della vana ascesa nel potere della malavita; ed un film sul dramma edipico, antico, di un ragazzino che non riesce a farsi uomo senza la presenza della madre. Ma SWEET SIXTEEN rimane, eccome, un film di Loach: poiché a condizionare quelle scadenze intime si nasconde, e con energia distruttrice decuplicata, la minaccia continua di leggi economiche e sociali; tanto più inesorabili in quanto non esibite. Liam, come dice alla fine, le avrà provate tutte: ma le batterie, come quelle del suo telefonino, sono già scariche.


   Il film in Internet (Google)

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